Dopo il recente European Accessibility Act, Roberto Spano chiarisce quali sono i suoi punti di forza e gli elementi da tenere sotto osservazione per gli ecommerce
Roberto Scano si occupa da sempre di internet e di accessibilità. Coordinatore EMEA dell’IWA, l’associazione internazionale dei professionisti del Web e presidente della sua sezione italiana, IWA ITALY, ha partecipato a innumerevoli attività di sviluppo per l’inclusione digitale, oltre a svolge attività di formazione in materia di accessibilità e comunicazione istituzionale per pubbliche amministrazioni e aziende.
Con lui, Linea eCommerce ha voluto affrontare luci e ombre dell’European Accessibility Act, recentemente entrato in vigore in tutta Europa.
Cosa è veramente cambiato dall’entrata in vigore, lo scorso 28 giugno 2025, della normativa sull’EAA?
Dal 28 giugno 2025, l’European Accessibility Act (EAA) ha introdotto regole per rendere prodotti e servizi digitali e fisici accessibili alle persone con disabilità in tutta l’UE. La normativa si applica a smartphone, computer, servizi bancari, ecommerce, trasporti e altro, obbligando le aziende con più di 10 dipendenti e 2 milioni di fatturato a rispettare standard che, per l’ambito web, si basano attualmente sulle WCAG 2.1 e in futuro alle WCAG 2.2. Per il nostro Paese, questi obblighi erano già previsti per i grandi shop online, cioè per per società con fatturato superiore ai 500 milioni di euro di media nell’ultimo triennio: con l’EAA questi obblighi di conformità vengono estesi anche agli altri soggetti, fino alle PMI, lasciando – per ora – fuori le micro imprese.
Formalmente, ad oggi, nel nostro Paese non è cambiato nulla: mancano ancora le linee guida AgID che stabiliscono – tra l’altro – la definizione del Regolamento di vigilanza e della piattaforma per segnalare le non conformità, quindi al momento siamo in “stallo di vigilanza”, con obbligo però di garantire che i nuovi servizi pubblicati dallo scorso 28 giugno siano conformi.
Secondo alcuni la Direttiva è auto-esplicativa. Qual è il suo punto di vista?
Se fosse totalmente auto-esplicativa, chiara e semplice, la Direttiva non avrebbe dato mandato di normazione tecnica europea per creare norme tecniche armonizzate come presunzione di conformità. È pur vero che le norme tecniche non sono necessarie alla conformità (questo vale per tutte le norme tecniche armonizzate, ndr), ma sono a mio avviso l’unico strumento che può garantire la non contestabilità sia delle implementazioni, sia delle verifiche, evitando contenziosi. Se poi consideriamo che le norme tecniche a supporto della Direttiva, tra quelle in fase di sviluppo e quelle in aggiornamento, sono ben sei, c’è molto da fare.
Quali sono, secondo lei, gli strumenti e le modalità operativi utili agli ecommerce per garantire la conformità agli obblighi della norma?
Innanzitutto, prediligere le soluzioni ecommerce che già da anni lavorano per garantire l’accessibilità delle piattaforme, o comunque soluzioni per cui è pubblicamente documentato che si sta lavorando per migliorare l’accessibilità. È poi necessario comprendere che non è sufficiente una soluzione ecommerce accessibile di per sé, in quanto come ben sappiamo molte soluzioni ecommerce sono modulari: modelli grafici (template), oggetti aggiuntivi (plug-in), gateway di pagamento devono essere implementati in modo accessibile, altrimenti si perdono caratteristiche importanti in tema di accessibilità. Ciò che va comunque evitato è l’uso di soluzioni “rapide”, contestate pure dalla Commissione Europea, come i cosiddetti “widget di accessibilità” che non risolvono i problemi e spesso ne creano di nuovi.
Per gli ecommerce sono diversi i punti da tenere sotto osservazione: dalla comunicazione semantica dei prezzi scontati (ciò che noi vediamo barrato spesso non viene letto come tale da utenti non vedenti, che percepiscono due prezzi e non sanno quale sia il prezzo attuale), l’uso adeguato di testi alternativi (onde evitare anche problemi di salute, in particolare per comunicare informazioni su allergie e intolleranze alimentari), e testare la navigabilità tramite tastiera (bisogna poter far tutto tramite tastiera, in quanto è una delle modalità classiche utilizzate dalle tecnologie assistive per emulare il movimento degli utenti non vedenti e con disabilità motorie).
Le aziende devono progettare quindi soluzioni accessibili, fornire documentazione e formare il personale perché è anche responsabilità di chi carica contenuti e informazioni nei sistemi ecommerce di garantire che siano accessibili, senza discriminazione. Questo non solo evita multe, ma migliora la user experience e la reputazione aziendale.
Qual è il reale concetto di ‘conformità’ che richiede l’European Accessibility Act?
Come la precedente direttiva, la Web Accessibility Directive (WAD), il testo della Direttiva parla sempre di conformità. Negli atti esecutivi della precedente norma, considerato che è impossibile garantire una totale conformità, si è inserito il concetto di “conformità parziale”, ossia si richiede, con buon senso, di garantire come requisito minimo il rispetto della maggior parte dei criteri oggetto di verifica. Per EAA, in attesa di eventuali delucidazioni in merito, si consiglia sempre di applicare lo stesso criterio. La tematica però, andando oltre gli adempimenti normativi, è in costante miglioramento. Per tale motivo, consiglio vivamente di predisporre comunque un bottone “Accessibilità” disponibile a fondo pagina verso il quale indirizzare l’utente per comunicare all’azienda eventuali problematiche riscontrate, in modo da prenderne carico e di risolverle.
Come si stanno muovendo e qual è l’impatto della norma negli altri Stati membri?
A livello europeo l’implementazione non è senza ostacoli: armonizzare gli standard tra Paesi, aggiornare vecchie piattaforme e convincere le piccole imprese a investire in accessibilità sono sfide comuni. Tuttavia, l’EAA è visto come un’opportunità per rendere il digitale più inclusivo, migliorare l’esperienza utente per tutti e rafforzare la reputazione delle aziende che si adeguano. Iniziative come AccessibleEU promuovono la condivisione di buone pratiche tra i Paesi, ponendo l’interesse comune di migliorare l’uso di servizi digitali, senza escludere nessuno, e portando quindi maggiore potenziale clientela ai negozi online. Per tale motivo, EAA deve essere visto come opportunità, non come un mero adempimento.