Un disegno di legge approvato dal Senato francese introduce eco-tasse, divieto di pubblicità e sanzioni per influencer, opponendosi così pesantemente alle piattaforme di ultra fast fashion come Shein e Temu
La Francia ha sancito un cambio di passo nel confronto globale con il modello dell’ultra fast fashion, approvando a giugno un disegno di legge senza precedenti firmato da Parigi e ribattezzato “legge anti‑Shein” per il suo impatto su colossi come quella cinese fondata da Chris Xu e Temu. Il testo, votato con 337 sì e una sola astensione dal Senato, è destinato a segnare la prima legislazione al mondo che applica tasse ambientali dirette e divieti pubblicitari nei confronti di marchi considerati responsabili dell’iper-accelerazione della moda low-cost.
Il cuore della norma è rappresentato da un eco-score obbligatorio: ogni capo prodotto da realtà identificate come ultra fast fashion viene valutato sulla base di emissioni, consumo di risorse e riciclabilità. I prodotti con punteggi più bassi dovranno corrispondere una tassa iniziale di 5 euro per capo, che salirà a 10 euro entro il 2030, sempre con un tetto pari al 50% del prezzo di vendita pre‑tasse. Le entrate generate saranno destinate a sostenere i brand francesi che investono in pratiche sostenibili.
Ma la legge va oltre la fiscalità: prevede anche il divieto totale di pubblicità delle piattaforme fast fashion, esteso anche agli influencer e ai social media. Il risultato è una sanzione fino a 100mila euro per ogni violazione, un colpo diretto alla strategia di promozione virale su cui contano questa tipologia di aziende. Secondo Pierre Condamine di Friends of the Earth France, l’organizzazione no-profit a favore dell’ambiente e dei diritti umani, però, la norma è “un’occasione mancata”, perché si concentra su due brand lasciando fuori oltre il 90% del mercato europeo del fast fashion.
La Francia difende i prodotti europei
Rispetto a queste critiche, il legislatore francese ha chiarito che l’obiettivo non è penalizzare le grandi catene europee come Zara, H&M o Kiabi, ma contrastare i modelli industriali cinesi definiti “ultra‑veloci”, caratterizzati da migliaia di novità proposte ogni giorno, scarsa durabilità dei capi e assenza di responsabilità ambientale e sociale. In particolare, Shein è accusata di offrire fino a 7mila nuovi articoli al giorno in catalogo, un ritmo insostenibile rispetto ai brand tradizionali.
La mossa francese segna, comunque, una svolta normativa radicale: l’eco-tassa per ogni capo, l’obbligo di trasparenza, la proibizione pubblicitaria e le multe agli influencer indicano l’intenzione dello Stato di assumere un ruolo attivo nella lotta alla moda usa e getta. È una risposta efficace alle pressioni su ambiente, diritti dei lavoratori e sostenibilità del pianeta, e rappresenta un banco di prova per l’Europa, chiamata ora a modulare un approccio comune verso la sostenibilità del comparto Moda.
La nuova legge è nata da un iter iniziato nel marzo 2024 alla Camera bassa, ma l’approvazione definitiva è slittata fino al passaggio parlamentare al Senato. Ora, il testo tornerà all’esame di una commissione congiunta Senato–Assemblée prevista per settembre, e dovrà essere notificato alla Commissione Europea per garantire la conformità con il diritto Ue.
Sempre Shien sotto i riflettori
Shein, già sottoposta a una maxi multa da 40 milioni di euro inflitta dall’Autorità francese per la tutela della correttezza commerciale, per pratiche commerciali ingannevoli, ha risposto difendendo il proprio modello “parte della soluzione, non del problema”. La multa, la più salata mai comminata a un e‑retailer, ha confermato le accuse di sconti fasulli (57% delle promozioni esaminate erano ingannevoli o inesistenti) e dichiarazioni ambientali non conformi.
Altre criticità sono sollevate da alcuni Stati membri della Ue: già nel 2024 la Commissione europea ha avviato verifiche nei confronti di Temu per violazioni del Digital Services Act, pubblicazione di prodotti illegali, pratiche addictive che, nel mondo ecommerce, si riferiscono a strategie di marketing e design che sfruttano meccanismi psicologici per rendere gli acquisti online più irresistibili, potenzialmente portando a comportamenti compulsivi, e mancanza di trasparenza algoritmica . In molti Paesi europei, gli articoli venduti da queste piattaforme non superano i controlli di sicurezza, con livelli eccessivi di sostanze tossiche anche in prodotti per bambini.