Digital services act, i costi per controllare le piattaforme online

La commissione UE ha preventivato, per l’anno 2025, di spendere circa 58 milioni di euro per garantire la vigilanza sull’operato delle big tech in applicazione del Dsa

Sono 24 i grandi operatori del web individuati dal Digital services act (Dsa), tra cui Google, Instagram e Facebook, Bing, X, LinkedIn, Amazon, Booking, Zalando e gli ecommerce cinesi Temu, Aliexpress e Shein. In un documento pubblicato nei giorni scorsi dagli uffici dell’esecutivo comunitario, si preventiva quanto costerà organizzare la sorveglianza. La Commissione europea ipotizza di spendere oltre 58 milioni di euro per gestire i controlli imposti dal regolamento europeo sulle grandi piattaforme online.

Le big tech sono tenute alla stretta osservanza del Digital services act e delle sue regole su trasparenza in merito ad algoritmi e pubblicità, lotta alla violenza online e alla disinformazione, protezione dei minori, stop alla profilazione degli utenti. Oltre a conformarsi al Dsa, le grandi piattaforme sono anche tenute a contribuire alle spese dei controlli: la Commissione definisce una tariffa annuale elaborata sulla base del preventivo di spesa e ripartita secondo il numero di utenti raggiunti. 

Il preventivo DSA 2025

Per le stime preliminari si sono sommate diverse voci di spesa. Innanzitutto, ci si è chiesti quante persone siano necessarie per studiare e far applicare tutte le pratiche del nuovo regolamento: per il 2025 si ipotizzano 202 persone full time.

Queste persone si dovranno occupare di analizzare le piattaforme per individuare nuovi Vlop da mettere sotto l’ombrello del Dsa, coordinarsi con le autorità locali dei 17 Stati dell’Unione, gestire e mantenere aggiornati i database con le informazioni raccolte dalle big tech. E ancora: fornire assistenza legale, individuare i rischi sistemici, ossia le minacce che il lavoro delle piattaforme può provocare alla società, affiancare il Consiglio europeo per i servizi digitali (un organo di sorveglianza) e il Centro comunitario per la trasparenza degli algoritmi (Ecat, un laboratorio di ricerca). In totale 29,2 milioni di euro per le risorse umane.

Le altre spese riguardano l’arruolamento di consulenti esterni per perizie tecniche (stima: 5 milioni di euro); lo sviluppo e il mantenimento di software destinati al supporto delle attività amministrative (9,3 milioni); i costi di segreteria del Consiglio (1,3 milioni) e quelli per missioni e trasferte (1,2 milioni per circa 25 uscite). E poi 12 milioni per altri costi amministrativi. Infine la Commissione ha usato, per la valutazione, costi di avviamento di altri organi di controllo, fino ad arrivare alla cifra di oltre 58 milioni.

Zalando contesta il DSA

Finora tutte le big tech hanno pagato regolarmente, ma TikTok, Meta e Zalando hanno contestato la spesa addebitata. In particolare, l’ecommerce tedesco ha messo nel mirino i numeri. La Commissione ha stabilito che Zalando ha 83 milioni di utenti mensili ma ha contato anche le visite dal Portogallo, dove però la piattaforma non vende, e che quindi vorrebbe decurtare. Per Zalando le attività assoggettabili al Dsa avrebbero 31 milioni di utenti. Sotto la soglia che determina il titolo di Vlop. Inoltre, quando Bruxelles ha inviato la tassa per il 2024, Zalando ha scoperto che la Commissione si è basata su un conto di 47,5 milioni di utenti, e non sugli 83 iniziali. Per questo la società ha chiesto a Bruxelles chiarimenti e trasparenza sui processi.

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