Data Act, il potere dei dati entra nell’auto e negli elettrodomestici

Dal 12 settembre è in vigore il Data Act: per la prima volta i consumatori possono trasferire dati da auto, elettrodomestici e impianti di riscaldamento. Una rivoluzione che apre nuove opportunità per imprese e cittadini, ma solleva anche sfide per la protezione dei dati e la concorrenza

Una rivoluzione silenziosa è cominciata il 12 settembre, con l’entrata in vigore del Data Act, il nuovo regolamento europeo che estende alle “cose connesse” – automobili, elettrodomestici, sistemi di riscaldamento – il diritto del consumatore a ottenere e trasferire i propri dati. Fino a poco tempo fa questi dati erano considerati proprietà esclusiva del produttore o del service provider, ma ora il cittadino può richiederli, trasferirli a un altro fornitore o cancellarli senza perdere funzionalità.

Il provvedimento interessa milioni di apparecchi e punta a ridisegnare il rapporto tra utente, dispositivo e mercato dei servizi. La portabilità delle informazioni significa, ad esempio, che un automobilista potrà richiedere di scaricare i propri dati di guida, manutenzione e consumo e trasferirli a un nuovo fornitore, così come un proprietario di una lavatrice smart potrà inviare le statistiche del proprio utilizzo a un’app concorrente. Questa apertura favorisce la concorrenza, stimola l’innovazione dei servizi digitali e può tradursi in costi più bassi per i consumatori. Le imprese che finora si basavano su ecosistemi chiusi dovranno adattarsi a “modelli aperti”, meno dipendenti da vendor e più orientati all’interoperabilità. 

Il Data Act non riguarda solo le auto e gli elettrodomestici: anche i sistemi di riscaldamento, i dispositivi medici connessi e le apparecchiature industriali entrano nel perimetro della portabilità. Questo significa che start up e Pmi possono sviluppare app e servizi innovativi basati su dati finora esclusivi dei produttori, creando nuove opportunità commerciali e aumentando la competitività del mercato europeo.

L’impatto economico atteso è rilevante: alcuni analisti stimano che l’accesso libero ai dati della “Internet of Things” (Iot) possa generare un mercato aggiuntivo da decine di miliardi di euro entro pochi anni. Per le imprese italiane ed europee questa è un’occasione di crescita: offrire servizi basati su dati oggetto di trasferimento può diventare un nuovo modello di business. Tuttavia, la sfida è complessa: garantire la sicurezza, la privacy e una concorrenza effettiva significa rivedere infrastrutture, regole e processi interni delle aziende. 

Data Act, e ora?

Non mancano le incognite. La portabilità dei dati apre, infatti, questioni sulla responsabilità: chi risponde se i dati trasferiti sono incompleti o alterati? E sulla protezione: dispositivi sempre più connessi espongono anche a maggiori rischi informatici. Le autorità nazionali e quelle europee dovranno vigilare affinché il nuovo regime non crei squilibri o vulnerabilità a danno del consumatore.

Nel frattempo, i produttori chiedono linee guida chiare e tempi realistici di adozione. Il bilanciamento tra apertura dei dati e tutela della proprietà intellettuale resta uno dei nodi più complessi del Data Act.

Studi pilota condotti in diversi Paesi mostrano che team aziendali che integrano la portabilità dei dati nei propri processi hanno aumentato la produttività fino al 25-30% nelle attività gestionali e di analisi. Consumatori e imprese che sfruttano la disponibilità dei dati possono prendere decisioni più informate, ridurre sprechi e sviluppare servizi personalizzati, rendendo il mercato digitale europeo più dinamico e competitivo.

Redazione

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