Il monopolio dei domini .com è l’accusa mossa dalla senatrice Warren e dal deputato Nadler verso l’azienda VeriSign. La National Telecommunications and Information Administration Usa aveva consentito un aumento dei prezzi del 30% nonostante il servizio non fosse variato
Negli Stati Uniti, la senatrice Elizabeth Warren e il deputato Jerry Nadler hanno richiesto un’indagine sulla “politica predatoria sui prezzi” dei domini .com. In una lettera inviata al Dipartimento di Giustizia e alla National Telecommunications and Information Administration (Ntia), i due esponenti del Partito Democratico accusano VeriSign, la società che amministra i domini di primo livello .com, di abusare della sua posizione dominante imponendo prezzi troppo alti.
Le accuse contro VeriSign
Nel 2018, durante la presidenza di Donald Trump, la Ntia ha modificato i limiti sui prezzi che VeriSign poteva addebitare per i domini .com, consentendo un aumento del 30% nonostante il servizio fosse rimasto invariato.
“VeriSign sta sfruttando il suo potere monopolistico per far pagare a milioni di utenti prezzi eccessivi per la registrazione di un dominio di primo livello – hanno dichiarato Warren e Nadler – Non ha però cambiato o migliorato i suoi servizi: ha semplicemente aumentato i prezzi perché detiene un monopolio garantito dal Governo”.
“Intendiamo rispondere alla lettera della senatrice Warren e del deputato Nadler, che ripete inesattezze e affermazioni fuorvianti promosse da un piccolo gruppo di investitori” è stata la risposta di David McGuire, portavoce di VeriSign, che ha aggiunto la disponibilità dell’azienda a collaborare con i legislatori per “trovare soluzioni reali a beneficio degli utenti di Internet”.
Inoltre, attraverso un post pubblicato sul suo blog, VeriSign ha spiegato che il dibattito sui suoi domini è stato “distorto da inesattezze fattuali” e che non è un monopolio, poiché esistono 1.200 altri domini generici di primo livello gestiti da altre entità.
Il monopolio dei .com
Warren e Nadler accusano VeriSign di aver sfruttato il suo diritto esclusivo di offrire i domini .com per incrementare le sue entrate e far salire il prezzo delle sue azioni, senza offrire alternative valide ai clienti. L’azienda, infatti, pur essendo poco nota, ha un giro d’affari annuo di circa 1,5 miliardi di dollari.
L’accordo tra VeriSign, Ntia e l’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) ha portato la società a diventare “operatore unico” per i .com. “VeriSign e l’Icann potrebbero avere in atto un accordo di tipo collusivo”, hanno affermato ancora Warren e Nadler. Nel 2020, l’accordo tra VeriSign e l’Icann ha portato a un pagamento di 20 milioni di dollari per un periodo di cinque anni.
A giugno 2024, una coalizione di attivisti ha scritto al Dipartimento di Giustizia e all’Ntia accusando VeriSign e l’Icann di “funzionare di fatto come un cartello” e invitando l’Ntia a “fermare questo ciclo di sfruttamento”. L’Ntia non ha commentato queste richieste. Tuttavia, l’ente ha comunicato che rinnoverà l’accordo con VeriSign e che i termini sarebbero stati rivisti il 30 novembre dello scorso anno, prima dell’inizio del secondo mandato di Trump.
Warren e Nadler hanno fatto pressioni affinché l’Ntia garantisse che VeriSign non aumenti ulteriormente i prezzi e hanno chiesto che il Dipartimento di Giustizia esamini le potenziali violazioni delle normative antitrust.