Un acquirente italiano ordina una maglietta per bambini su Temu e si vede recapitare un verbale da 618 euro per acquisto di prodotti contraffatti. La legge italiana fa ricadere la responsabilità sull’importatore, ovvero chi riceve il pacco
Alla luce del boom dell’ecommerce globale, casi come questo fanno emergere un paradosso doloroso: A.G., cittadino romano, ha acquistato su Temu una maglietta e alcuni fermagli per capelli, tutti a marchio Disney. Il prezzo dell’ordine? 42 euro e 13 centesimi. Quando il pacco è stato sottoposto a controllo doganale a Roma, gli ispettori hanno individuato la contraffazione dei materiali. Il risultato: sequestro, verbale, e una sanzione da 618 euro, notificata all’acquirente anziché al venditore.
Un esito apparentemente sproporzionato, ma che trova fondamento nella normativa italiana: la legge, infatti, considera chi riceve il pacco “importatore responsabile della contraffazione, indipendentemente dal valore, dal numero di pezzi o dalla consapevolezza dell’acquirente”. È l’articolo 1, comma 7-bis del decreto legge 35/2005: chi introduce nel territorio nazionale prodotti che violano diritti di proprietà intellettuale è punito come l’autore dell’importazione illegale.
Nel caso del nostro connazionale, gli agenti hanno seguito una procedura standard: ispezione del pacco, segnalazione agli avvocati che rappresentano Disney, conferma della contraffazione e successivo verbale. I beni sono stati sequestrati e il destinatario ha ricevuto la contestazione. L’ammontare della multa – quattordici volte l’importo pagato – ha sollevato proteste da parte del Codacons e di altri difensori dei consumatori: stando al loro punto di vista, un consumatore medio non ha strumenti per riconoscere un prodotto originale da una copia quando le immagini, le descrizioni e gli annunci sono ingannevoli.
Temu, prosegue il mancato rispetto delle regole?
Temu, già sotto la lente della Commissione Europea per un’indagine preliminare che ha evidenziato come il portale abbia messo in vendita articoli potenzialmente illegali che non rispettano le norme sulla sicurezza e il certificato di conformità nel mercato unico Ue, interpellata sul caso della merce contraffatta, ha dichiarato di avere rimosso gli articoli contestati e di avere richiesto ai venditori di verificare la propria identità e rispettare i diritti di proprietà intellettuale.
Secondo dichiarazioni ufficiali la piattaforma dispone di un sistema di monitoraggio proattivo e un portale per segnalazioni di violazioni. Ma la realtà racconta un episodio in cui, pur con tali misure, un prodotto contraffatto è arrivato fino a casa del consumatore.
Il caso apre scenari più ampi sul tema della contraffazione digitale. In un contesto in cui le spedizioni internazionali sono routine e i marketplace internazionali dominano il mercato, la normativa può risultare punitiva per il segmento più debole: il cliente finale .
L’Italia tenta di bilanciare la protezione dei marchi con la tutela dei cittadini, ma si scontra con la realtà di canali globali spesso difficili da controllare. Se l’Europa con il Dsa spinge per responsabilità maggiore delle piattaforme, resta da vedere se queste innovazioni normative riusciranno a contenere casi come quello di consumatore romano, senza gravare ulteriormente sui singoli acquirenti.
