Italia e Ai: il Ddl definisce regole e poteri di controllo

Il Disegno di legge italiano sull’intelligenza artificiale è stato approvato definitivamente e rappresenta il ponte tra il nuovo Ai Act europeo e il contesto nazionale. Ora il Governo dovrà emanare i decreti attuativi, mentre Agid e Acn diventano le autorità di vigilanza designate

L’Italia compie un passo decisivo nella costruzione del proprio quadro normativo sull’intelligenza artificiale. Con il voto favorevole del Senato, il Disegno di Legge delega sull’Ai è stato approvato in via definitiva, tracciando la cornice entro cui si svilupperanno le regole nazionali per questa tecnologia. Il provvedimento arriva in un momento cruciale: il regolamento europeo Ai Act, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione il 12 luglio 2024, diventerà pienamente applicabile nell’agosto 2026. Ogni Stato membro deve, quindi, organizzarsi per tempo, designando autorità di controllo e adattando la normativa europea al proprio ordinamento interno.

Il Ddl italiano mira a colmare questo vuoto, introducendo principi generali, definendo le aree di applicazione e istituendo un sistema di governance. Tra i pilastri vi è l’impostazione antropocentrica e trasparente dello sviluppo e dell’uso dell’Ai, in linea con i valori costituzionali e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il testo afferma chiaramente che l’intelligenza artificiale deve essere al servizio della persona e non sostituirsi ad essa, garantendo che ogni decisione automatizzata sia spiegabile e verificabile.

Particolare attenzione è stata riservata all’ambito giudiziario. La legge vieta l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per compiti che rientrano nelle prerogative della magistratura, come interpretare la legge o valutare le prove, ma consente sperimentazioni in contesti controllati e sempre sotto supervisione umana. È una scelta che riflette la volontà di bilanciare l’innovazione con la tutela delle garanzie costituzionali, evitando che strumenti tecnologici incidano direttamente su diritti e libertà fondamentali.

Il provvedimento prevede, inoltre, sanzioni significative per chi utilizza l’Ai in modo fraudolento, ad esempio diffondendo contenuti come immagini o video generati artificialmente con l’obiettivo di ingannare o danneggiare. Si tratta di una risposta diretta alla proliferazione di deepfake (tecnica per la sintesi dell’immagine umana fondata sull’Ai, usata per combinare e sovrapporre immagini e video esistenti con quelli originali, attraverso una tecnica di apprendimento automatico conosciuta come Rete antagonista generativa) e campagne di disinformazione che hanno già sollevato allarmi a livello europeo. Allo stesso modo, la protezione dei minori è affrontata con norme specifiche, imponendo vincoli rigorosi all’uso dei loro dati personali e prevedendo tutele rafforzate nei sistemi che li coinvolgono.

Ma il Ddl non si limita ai principi: affronta anche la questione cruciale della governance e dei poteri di controllo. La legge designa l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) e l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn) come autorità nazionali competenti per la vigilanza, l’ispezione e l’irrogazione di sanzioni. Questa scelta ha l’obiettivo di allineare l’Italia alla struttura europea, che prevede un’azione coordinata tra autorità nazionali e l’Ai Office della Commissione europea. Tuttavia, la decisione non è stata priva di critiche: alcune associazioni per la tutela dei diritti digitali avrebbero preferito la creazione di un’autorità indipendente dedicata esclusivamente all’Ai, per evitare conflitti di competenze e garantire maggiore autonomia.

Ad oggi, con l’approvazione del Ddl, inizia la fase più delicata: quella dei decreti legislativi attuativi. Il Governo dovrà emanare nei prossimi mesi una serie di provvedimenti per dettagliare l’applicazione delle norme nei vari settori – dalla sanità al lavoro, dalla ricerca alla giustizia – e per definire i meccanismi sanzionatori. È in questa fase che si giocherà la reale efficacia della legge, perché le norme di principio devono tradursi in procedure operative chiare, risorse adeguate e competenze effettive.

Un punto sensibile riguarda proprio le risorse. Agid e Acn dovranno essere dotate di personale tecnico qualificato e di fondi sufficienti per svolgere compiti complessi di vigilanza e coordinamento con l’Unione europea. Senza queste condizioni, il rischio è che il sistema resti sulla carta, con norme ambiziose ma di difficile applicazione pratica. Il Ddl prevede stanziamenti per la ricerca e per il sostegno alle startup innovative, ma non è ancora chiaro se la parte dedicata al rafforzamento amministrativo sarà sufficiente.

Ai Act europeo, integrazione possibile

Infine, c’è il nodo dell’integrazione con l’Ai Act europeo. Il regolamento comunitario classifica i sistemi di intelligenza artificiale in base al rischio e stabilisce obblighi proporzionati, lasciando agli Stati membri margini di manovra su vari aspetti, tra cui la designazione delle autorità e alcune modalità di enforcement. Il Ddl italiano si presenta come un “ponte” tra Bruxelles e Roma, cercando di interpretare queste deleghe. L’effettiva riuscita dipenderà però dalla capacità di coordinarsi con gli altri Paesi membri e con le istituzioni europee, evitando duplicazioni o contraddizioni normative.

La legge approvata rappresenta, quindi, un passo importante ma non ancora definitivo. È una cornice normativa che dovrà essere riempita di contenuti concreti nei prossimi mesi, attraverso scelte operative e politiche. L’Italia ha iniziato a scrivere le proprie regole sull’intelligenza artificiale, ma la partita vera si gioca ora: tra attuazione, risorse e governance, il percorso per un’Ai sicura, trasparente e sostenibile è appena cominciato.

Redazione

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