L’AGCM sanziona le pratiche di vendita di prodotti non disponibili, gli ostacoli ai rimborsi e la manipolazione delle recensioni. Una sentenza che traccia una linea netta sulla “diligenza professionale”. Manuela Borgese (AICEL): “La compliance preventiva è l’unico vero scudo”.
Nel commercio elettronico, la disponibilità del prodotto non è un dettaglio tecnico: è una promessa contrattuale fondamentale. Quando questa promessa viene sistematicamente disattesa a fronte di un incasso immediato, non si tratta più di un semplice disservizio logistico, ma di una pratica commerciale scorretta sanzionabile.
È questo il cuore del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha inflitto una sanzione complessiva di 2,2 milioni di euro a Talea Group S.p.A., gigante dell’e-retailing di prodotti per la salute e benessere (titolare di brand come Farmaè, Amicafarmacia e Farmaeuropea). L’istruttoria dell’Antitrust è un vero e proprio “manuale degli errori” da non commettere, evidenziando tre condotte specifiche che ogni eCommerce Manager dovrebbe analizzare con attenzione.
Il “Modus Operandi” logistico: vendere rischio, non prodotti
Il punto più critico riguarda la gestione dello stock. La società indicava sui propri siti prodotti come “disponibili” e in “pronta consegna” (con claim forti come “spedizione in 24/48 ore”) che, in realtà, non erano presenti a magazzino. L’AGCM non ha punito il semplice ritardo, ma la consapevolezza strutturale. L’istruttoria ha rivelato che, nonostante l’azienda fosse a conoscenza delle criticità logistiche (dovute anche a migrazioni di magazzino e incidenti presso fornitori), ha continuato a promuovere la rapidità di consegna per non perdere quote di mercato.
La gravità risiede nell’asimmetria: l’azienda incassava immediatamente, consolidando la vendita, ma scaricava sul consumatore l’incertezza dell’approvvigionamento. L’Autorità ha rigettato le difese legate alla “forza maggiore”: la diligenza professionale imponeva di sospendere le vendite o allungare i tempi dichiarati sul sito, anteponendo la trasparenza al fatturato.
Il labirinto dei rimborsi
La seconda violazione riguarda ciò che accadeva dopo il mancato ordine. Una volta appurata l’indisponibilità della merce (o a seguito del recesso del cliente stanco di attendere), l’AGCM ha riscontrato ostacoli nella restituzione delle somme. I consumatori si trovavano di fronte a procedure farraginose e tempi dilatati per riavere il proprio denaro. Una condotta che l’Antitrust ha qualificato come aggressiva, poiché costringeva l’utente a un “surplus” di attività per esercitare un diritto contrattuale che dovrebbe essere automatico e fluido.
Recensioni filtrate: il “Greenwashing Reputazionale”
Il terzo pilastro della sanzione è forse il più insidioso. L’istruttoria ha rilevato che Talea Group utilizzava un sistema di raccolta recensioni impostato con una logica distorsiva:
- Le recensioni positive (4 o 5 stelle) venivano pubblicate automaticamente.
- Le recensioni negative venivano messe in “moderazione” e spesso non pubblicate.
Questa pratica crea un’immagine di affidabilità artificiale, inducendo i nuovi clienti a fidarsi di un servizio che appare impeccabile solo grazie a un filtro tecnico. È un avvertimento per tutti: la reputazione online si costruisce gestendo le critiche, non nascondendole tramite algoritmi di selezione.
Il Parere Legale: La Diligenza come Asset
Questa sentenza traccia un confine netto tra l’errore operativo (tollerato) e la pratica scorretta (sanzionata). Ma come può un’azienda tutelarsi preventivamente?
Abbiamo chiesto un commento all’Avv. Manuela Borgese, Vice Presidente di AICEL (Associazione Italiana Commercio Elettronico), per inquadrare l’accaduto in un’ottica giuridica:
“La sanzione dell’Antitrust a Talea Group evidenzia quanto sia costoso, in termini economici e reputazionali, operare al di fuori dei canoni della diligenza professionale. L’Autorità non punisce l’errore in sé, ma la sistematicità di una condotta che scarica il rischio d’impresa sul consumatore.
Oggi più che mai, le aziende devono dotarsi di strumenti di mitigazione del rischio. Per le autorità di controllo, trovarsi di fronte a un operatore che ha sottoscritto formalmente impegni di trasparenza cambia lo scenario: dimostra che l’azienda, anche in caso di scivolone operativo, ha la volontà formale di operare correttamente. È qui che strumenti di autoregolamentazione come il Codice di Condotta diventano strategici: non sono bollini di marketing, ma dichiarazioni pubbliche di impegno che possono fare la differenza in sede di verifica.“
Il Codice di Condotta come mitigazione
Come sottolineato dall’Avv. Borgese, la prevenzione passa attraverso l’adesione a standard riconosciuti. È in questo contesto che il Codice di Condotta E-commerce assume un valore difensivo. A differenza della certificazione SonoSicuro (che è un punto di arrivo e richiede audit esterni), il Codice di Condotta è il punto di partenza necessario: un’adesione libera con cui l’azienda si impegna ad attuare buone pratiche.
Per un merchant, adottarlo significa inviare un segnale forte al mercato e alle autorità: “Conosco le regole e mi impegno a rispettarle”. In uno scenario dove l’Antitrust vigila sempre più attentamente sulla disponibilità dei prodotti e sulla veridicità delle recensioni, passare dalla logica del “fare cassa subito” a quella della “compliance preventiva” è l’unico investimento che garantisce la continuità del business.
