La Commissione europea ha espresso dubbi sulla conformità alle norme Ue della piattaforma italiana Piracy Shield. Il sistema, pensato per bloccare la pirateria online in pochi minuti, solleva il timore di abusi e violazioni della libertà di espressione
La lotta alla pirateria online è una battaglia che l’industria dell’intrattenimento combatte da oltre vent’anni, ma l’evoluzione tecnologica ha reso il fenomeno sempre più complesso da arginare. L’Italia ha provato a rispondere a questa sfida con la creazione di Piracy Shield, la piattaforma nazionale introdotta dall’Agcom per bloccare rapidamente la trasmissione illecita di eventi in diretta. Uno strumento che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe essere la chiave per arginare la diffusione dei cosiddetti “pezzotti” (termine gergale che indica dispositivi o servizi illegali utilizzati per accedere a contenuti televisivi a pagamento senza un abbonamento regolare) e delle Iptv illegali (sistemi illeciti che permettono di trasmettere e ricevere contenuti televisivi tramite connessione Internet), ma che oggi è finito sotto osservazione da parte della Commissione Ue per possibili violazioni delle norme comunitarie sul digitale.
L’idea alla base del sistema è semplice: quando un titolare di diritti scopre una trasmissione pirata, può segnalarla e ottenere entro 30 minuti un ordine di blocco immediato da parte degli Internet service provider. Un meccanismo reso possibile grazie a una piattaforma automatizzata, che attraverso interfacce machine-to-machine trasmette direttamente agli operatori la richiesta di oscurare i contenuti illeciti. Il tutto nasce dalla Legge antipirateria italiana, entrata in vigore nell’agosto 2023, che ha dato all’Agcom nuovi poteri di intervento immediato.
Eppure, la stessa rapidità che dovrebbe rappresentare il punto di forza di Piracy Shield è oggi il suo principale punto debole. L’esperienza di marzo 2024, quando il sistema ha bloccato per errore l’accesso a Google Drive, lasciando migliaia di utenti senza servizi essenziali, ha mostrato il rischio concreto di overblocking, ovvero l’oscuramento di siti e contenuti perfettamente legittimi. È questa una delle preoccupazioni maggiori espresse dalla Computer & Communications Industry Association (Ccia), che già a gennaio dello scorso anno aveva segnalato a Bruxelles la possibilità che il sistema italiano fosse incompatibile con le regole europee.
Piracy Shield e DSA, problema controlli
Il Digital Services Act, entrato in vigore nel febbraio 2024, impone, infatti, principi di proporzionalità, trasparenza e garanzie procedurali nei casi di rimozione di contenuti online. Gli ordini di blocco devono essere redatti in modo chiaro, devono indicare i motivi dell’intervento e devono garantire un diritto di ricorso effettivo per gli utenti colpiti.
La Commissione Europea, in una lettera inviata al Ministro degli Esteri dello scorso 13 giugno, ha sollevato tre criticità specifiche: la scarsa chiarezza formale degli ordini, il rischio di lesione della libertà di espressione per via dell’immediato oscuramento dei contenuti e l’estensione degli obblighi anche a intermediari come i fornitori di Vpn, che potrebbero non avere il potere tecnico di intervenire direttamente sui contenuti illeciti.
Al di là del conflitto con le norme europee, le perplessità riguardano anche la mancanza di controlli preventivi: oggi un ordine di blocco può essere emesso senza una verifica “umana” della fondatezza della segnalazione, affidandosi esclusivamente al flusso automatizzato delle richieste. In un ecosistema digitale dove la reputazione online è essenziale, un oscuramento errato può causare danni economici e d’immagine enormi a chi viene colpito ingiustamente, senza contare la difficoltà di ottenere una revisione in tempi rapidi.
A ciò si aggiunge un altro rischio: quello di minare la fiducia dei cittadini nell’Autorità pubblica. Se gli strumenti di contrasto alla pirateria appaiono opachi, fallibili o privi di un controllo indipendente, l’impressione è quella di un intervento arbitrario e sproporzionato. In un contesto in cui il confine tra difesa del diritto d’autore e tutela dei diritti digitali è sempre più sottile, il dibattito sul Piracy Shield diventa un banco di prova per capire come bilanciare efficacia e diritti fondamentali.
