Non si tratta della solita vertenza sindacale, né di una disputa sui ritmi di lavoro. Quello che sta accadendo in queste ore nel cuore della logistica italiana, con epicentro nello stabilimento Amazon di Cividate al Piano (Bergamo), è un terremoto giudiziario che tocca le fondamenta stesse del commercio internazionale: i diritti di confine.
La Guardia di Finanza e la Polizia, su mandato della Procura di Milano e sotto l’egida della Procura Europea (EPPO), hanno effettuato perquisizioni e sequestri ipotizzando il reato di contrabbando. Al centro dell’inchiesta non c’è solo il colosso di Seattle, ma un intero ecosistema di fornitori extra-UE, prevalentemente cinesi, che avrebbero utilizzato i magazzini italiani come “porto franco” illegale, immettendo sul mercato prodotti che, fiscalmente, non dovrebbero essere qui.
Per noi che operiamo nel settore, comprendere la tecnicalità di questa accusa è fondamentale per capire perché i nostri prezzi, spesso, non riescono a competere con quelli di certi store vetrina.
Il “buco nero” doganale: come funziona lo schema
Molti e-commerce managersi staranno chiedendo come sia tecnicamente possibile che merce fisica, tangibile, stoccata in un magazzino FBA (Fulfillment by Amazon), risulti “invisibile” al fisco. L’indagine, coordinata dal pm Elio Ramondini, punta il dito contro l’abuso sistematico di regimi doganali agevolati, in particolare quello che in gergo tecnico è spesso associato al Regime 42 (o varianti simili di transito).
Il meccanismo è sofisticato nella sua semplicità:
- L’ingresso in UE: La merce parte dalla Cina e arriva in un porto europeo di sdoganamento “facile” (spesso in Nord Europa o nell’Est). Qui l’importatore dichiara che i beni sono in transito verso un altro paese membro (l’Italia, Germania etc). Grazie a questa dichiarazione, il pagamento dell’IVA e dei dazi all’importazione viene sospeso.
- Il viaggio fantasma: La merce viaggia verso l’Italia. Qui, teoricamente, dovrebbe avvenire l’immissione in consumo con il contestuale versamento delle imposte. Invece, attraverso un sistema di società “cartiere” (aziende fittizie che nascono e muoiono in pochi mesi), la merce sparisce dai radar fiscali.
- L’approdo in logistica: I prodotti arrivano fisicamente nei magazzini come quello Cividate al Piano o altri hub europei, pronti per essere spediti col servizio Prime. Il consumatore finale acquista, paga, riceve il pacco.
Il risultato? Quella merce non ha mai pagato il dazio doganale (che protegge l’industria europea) né l’IVA all’importazione.
Concorrenza sleale: il danno per l’e-commerce italiano
Per un e-Commerce manager o un imprenditore italiano che importa regolarmente, questo schema rappresenta una condanna a morte commerciale.
Facciamo due conti. Se importate legalmente una partita di accessori tecnologici, il vostro costo industriale comprende: il costo del prodotto, il trasporto, il dazio (variabile tra il 2% e il 12% a seconda della categoria merceologica) e il 22% di IVA calcolata sul valore totale (merce + dazio + trasporto).
Chi opera in contrabbando, saltando questi passaggi, ha un vantaggio competitivo immediato di oltre il 30-40%. Può vendere al pubblico a un prezzo inferiore al vostro costo d’acquisto. Non è efficienza, non è “bravura” nel marketing: è dumping fiscale.
L’accusa mossa agli hub logistici è di aver agito, consapevolmente o per colpevole negligenza nei controlli, come “facilitatori” di questo flusso. I sistemi informatici e le procedure di onboarding dei venditori terzi avrebbero permesso a questi soggetti di operare indisturbati, garantendo loro la potenza di fuoco della logistica più veloce del mondo senza richiedere le dovute garanzie sull’avvenuto sdoganamento.
La responsabilità delle piattaforme
La normativa europea sta cambiando rapidamente direzione. Se fino a pochi anni fa i marketplace potevano trincerarsi dietro lo status di “semplici intermediari” (hosting provider), oggi il vento è cambiato. Il pacchetto IVA e-commerce (IOSS) e il Digital Services Act spingono verso una responsabilità oggettiva delle piattaforme: se gestisci il pagamento e la logistica, sei tu il garante della conformità fiscale.
L’indagine di Milano è un segnale fortissimo: il tempo dell’impunità per le merci “grigie” sta finendo. Per il nostro settore, paradossalmente, questa è una buona notizia. Un mercato ripulito dal contrabbando significa un mercato dove si torna a competere sulla qualità del servizio, sul brand e sul prodotto, e non su chi riesce a evadere meglio i dazi doganali.
Amazon, dal canto suo, ha dichiarato la massima collaborazione con le autorità, sottolineando l’impegno nel rispetto delle leggi. Sarà ora compito della magistratura accertare se vi siano state falle nei sistemi di controllo del gigante americano o se si tratti di frodi perpetrate da venditori terzi talmente abili da aggirare ogni filtro.
Restiamo in attesa di sviluppi, consapevoli che questa inchiesta potrebbe riscrivere le regole dell’importazione digitale in Italia.
