Gli italiani si fidano ancora dei creator online? Quanto vale oggi il mercato degli influencer? Il caso Ferragni ha fatto vacillare un impero che, secondo i dati raccolti dalla ricerca condotta da Bva Doxa e Flu, continua a crescere. Ma che, secondo Agcom, richiede un codice di condotta.
Dopo linee guida più stringenti varate a gennaio, l’Agcom, Autorità garante delle comunicazioni, ha aperto un tavolo tecnico per la stesura di un nuovo codice di condotta per content creator, streammer e vlogger.
Il progetto vede oltre 60 enti coinvolti, tra agenzie di comunicazione, studi legali, associazioni di categoria, social network e manager di settore, con l’obiettivo comune di raccogliere proposte per regolamentare il mondo degli influencer e tutelare i fruitori ultimi dei contenuti online.
Quale è l’approccio degli utenti al mondo degli influencer, soprattutto dopo il caso Ferragni? Il 77% degli utenti intervistati da Bva Doxa e Flu in una ricerca svolta per misurare la fiducia degli italiani verso gli influencer si è detto convinto di poter riconoscere i contenuti sponsorizzati, a prescindere dalla presenza dell’hashtag #adv. Quindi non si tratta di fiducia riposta (ancora) negli influencer, quanto di fiducia riposta nel proprio senso critico. Alla domanda “ti fidi degli influencer che segui?”, infatti, solo il 21% ha risposto sì, mentre il 67% ha dichiarato di fare affidamento sulle proprie capacità per distinguere, tra i vari, i creator di cui fidarsi.
Influencer seguiti per scoprire prodotti e servizi
Secondo Cristina Liverani, Kids & Special Project Unit Manager di Bva Doxa, la fiducia verso gli influencer è comunque molto alta e “si attesta all’88% (la somma di chi segue solo influencer di cui si fida e di chi sostiene di avere un senso critico allenato a comprendere i messaggi di cui fidarsi, ndr). A riprova di questo, è in crescita il dato (86% del campione) di chi afferma che il consiglio di un influencer è un’occasione per conoscere un nuovo prodotto e il punto di partenza per un futuro acquisto. Anche l’interesse verso le sponsorizzazioni è positivo: il 62% dichiara infatti che sono un modo per conoscere di più alcuni prodotti o per conoscerne di nuovi. Rispetto al passato, la trasparenza è la caratteristica che il 41% richiede all’influencer. Seguono le competenze – in crescita al 35% – e l’autenticità al 30%”.
A proposito del numero di creator seguiti, il 67% del campione coinvolto nell’indagine ha affermato di seguirne almeno 1. Di questi, il 56% ne segue più di 10, con un numero medio di influencer seguiti pari a 18, che ha rilevato una ricerca dedicata al tema, svolta nel 2022. Per quanto riguarda lo scopo del follow, il 58% degli intervistati sostiene di seguire gli influencer per passare il tempo e distrarsi, e solo il 45% per conoscere nuovi prodotti e servizi. Rispetto ai concreti risvolti commerciali della influencer economy, il 66% degli intervistati ha affermato di avere acquistato prodotti dopo averli visti utilizzati sui social.
Inoltre, il 77% degli intervistati ha dichiarato di seguire influencer con un numero di follower inferiore o nettamente inferiore al milione. Questo è un dato importante perché, nelle regole entrate in vigore a gennaio, l’Agcom aveva fatto prevalere valutazioni di tipo quantitativo: nel mirino sono finiti, infatti, creator con oltre 1 milione di follower, con almeno 24 post sponsorizzati nell’anno precedente e con un tasso di engagement di almeno il 2% negli ultimi sei mesi, per un totale di 1.500 profili.
Questi numeri, però, non tengono conto dei molti profili di piccole e medie dimensioni che operano, rispetto ai contenuti sponsorizzati, al pari degli influencer più grandi; considerazione fatta, invece, al tavolo tecnico, il cui lavoro ha lo scopo di stilare linee di condotta valide per tutti gli influencer online, a prescindere da parametri quantitativi.
Le conclusioni del tavolo tecnico voluto da Agcom erano attese per il 3 luglio ma sono state prorogate di 90 giorni. Le prime riunioni avevano avuto luogo a inizio marzo e il tavolo si è, poi, riunito con un ritmo di due volte al mese, non sufficiente per portare a termine in tempo utile il lavoro. A complicare le cose anche la scarsa collaborazione delle piattaforme social, dimostratesi poco inclini a fornire agli esperti molti set di dati utili.