L’armonizzazione dei mercati e l’abbattimento delle barriere strutturali che limitano, secondo le politiche europee, passerebbe anche dall’eliminazione del geo-blocking.
Il 25 aprile 2017 la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento europeo ha approvato una proposta di legge tesa a vietare uno dei principali elementi ostativi al rafforzamento mercato globale europeo: il c.d. geo-blocking.
Ma in cosa consiste esattamente questa pratica?
Con il termine Geo-Blocking si definiscono tutte quelle attività messe in atto dal venditore per impedire la conclusione di una certa azione al di fuori di alcune aree specifiche. Ad esempio
- bloccare o limitare l’accesso ai siti che si trovano localizzati oltreconfine.
- impedire la possibilità di completare un ordine di acquisto di merci
- limitare la possibilità di effettuare un download di contenuti accedendo ad un sito all’estero.
- negare la consegna o il trasporto transfrontaliero di merci.
- indicare prezzi diversi per le stesse merci a seconda della nazionalità dell’acquirente, del paese di consegna dell’indirizzo e della residenza del cliente.
Per ragioni di opportunità e convenienza, i venditori con un negozio online attivo impediscono la conclusione della vendita in determinati stati. Attraverso l’identificazione dell’IP, l’acquirente residente o richiedente la consegna in uno stato appunto indesiderato, viene reindirizzato su un sito nazionale, inabilitato ad accedere ai contenuti del sito o a concludere l’acquisto ovvero ancora, infine, ad avere condizioni di vendita diversificate in base alla propria residenza.
A queste fattispecie si aggiungono, in determinati casi, veri e propri blocchi in caso di pagamenti effettuati con carte emesse da istituti di credito con sedi all’estero.
La questione interessa le istituzioni europee al lavoro nella creazione e nel rafforzamento di quel concetto di digital single market capace di rendere la piazza commerciale europea più forte e concorrenziale, libera da barriere nella circolazione di beni e servizi all’interno dell’Unione.
Secondo le stime della Commissione nel 2015, il geo-blocking è stata messo in atto dal 37% dei siti di eCommerce dell’area Ue e sempre secondo la Commissione, rappresentano un freno pesante all’eCommerce ‘europeo’ perché impone vincoli discriminatori agli acquisti cross border.
Il fine è di stravolgere i deludenti risultati delle vendite transfrontaliere che attualmente si aggirano attorno ad un esiguo 15% che, tuttavia, non è privo di giustificazioni. Infatti non bisogna trascurare i fattori di segno contrario che motivano tale scelta nelle politiche di vendita degli estore e che realmente configurano il geo-blocking per quello che è realmente, una misura di protezione.
Nonostante il fascino dell’internalizzazione, bisogna accendere i riflettori sui risvolti pratici delle vendite transfrontaliere quali le maggiorazioni di costi connessi in termini logistici, di gestione del reso, di eventuale assistenza post-vendita e, in ultimo, di costituzione di rappresentanza fiscale estera in caso di superamento del limite di fatturato in un determinato stato come previsto dalla legge.
Prima dell’adozione del testo adottato dalla Commissione, le parti sociali e le associazioni, anche sul piano europeo come ad esempio Emota, hanno richiamato la necessità di procedere con cautela viste le contrapposte esigenze dal lato dei venditori.
Tuttavia, la decisione europea è stata di segno contrario, gettando le basi per una disciplina orientata a smantellare definitivamente tale baluardo, con qualche lieve correttivo a favore del merchant. Come si legge nel comunicato stampa rilasciato dal Parlamento Europeo “Il progetto di legge definisce situazioni specifiche in cui il geo-blocking non sarà consentito. Ciò significa che i venditori on-line non saranno in grado di discriminare i consumatori altrove nell’UE per quanto riguarda i termini e le condizioni generali, compresi i prezzi, sulla base della loro nazionalità, del luogo di residenza o anche della loro posizione temporanea”.
In conclusione, gli acquirenti esteri dovranno essere considerati al pari di quelli nazionali, potendo quindi acquistare beni anche se il venditore non preveda la consegna in quello stato a condizione che, però, sia previsto un punto di ritiro in un luogo concordato perché non è stato espressamente sancito l’obbligo di consegna.
L’abolizione del geo-blocking interessa, infine, anche l’acquisto di servizi non protetti da copyright (come cloud, firewall ecc) se il commerciante ha il diritto o la licenza di utilizzare tali contenuti per i paesi interessati; le prenotazioni di soggiorni di hotel, eventi sportivi, noleggio auto al di fuori dello stato dello stato di residenza, mentre ne rimangono fuori i servizi audiovisivi (come la trasmissione di eventi sportivi forniti in base a licenze territoriali esclusive) i servizi finanziari, di trasporto, di comunicazione elettronica o di assistenza sanitaria.
Nell’impostazione attuale, il merchant non potrà utilizzare nessun ulteriore sistema di reindirizzamento su altro sito locale senza il consenso dell’utente o in forza di una disposizione europea o nazionale. A tali restrizioni si osserva che se non fosse stato per la possibilità riservata al merchant di limitare i sistemi di pagamenti a quelli ritenuti più sicuri e l’assenza di sanzioni nel caso di mancata traduzione del sito in una determinata lingua, davvero la posizione dei venditori sarebbe stata totalmente dimenticata e messa in ultimo piano.
Nell’attesa di conoscere l’esito delle consultazioni trilaterali tra il Parlamento, la Commissione ed il Consiglio in merito alla valutazione dei passi definitivi da compiere nel rispetto dei contrapposti interessi, AICEL non può che confidare in un ravvedimento dell’ultimo minuto che tenga conto dell’importanza di un’effettiva e concreta attuazione della libertà dei singoli venditori affinché possano effettuare senza condizionamenti le proprie scelte imprenditoriali.
Questo significa che non potremo più esporre i prezzi con Iva o senza Iva a seconda che il cliente sia europeo o extraeuropeo???
La questione riportata nell’articolo riguarda solo il versante europeo.