Nel 2025 il mercato globale dell’ecommerce supera i 6,5 trilioni di dollari, con i grandi marketplace storici sotto pressione e nuove forze – capeggiate da Temu e Shein – pronte a ridefinire regole e gerarchie
Il commercio elettronico internazionale continua a cambiare pelle, e un quadro aggiornato presentato da Yocabè offre una fotografia essenziale di questo mutamento. La sua “Mappa Marketplace 2025” analizza oltre 40 Paesi e decine di piattaforme, mettendo in luce un fenomeno ormai inequivocabile:i marketplace non sono più semplici canali di vendita, ma veri e propri motori strategici del retail globale.
Al centro di questa trasformazione spiccano soprattutto due protagonisti: Temu e Shein. Il primo, originariamente mittente di un’ondata di fast commerce low-cost, registra incrementi vertiginosi nelle visite mensili: in Europa i numeri parlano di un +622% nei Paesi Bassi, +459% nel Regno Unito, +415% in Francia, di un +133% in Italia. Shein, dal canto suo, consolida il suo ruolo di riferimento nella Moda, in particolare per la Gen Z e i Millennial, rappresentando il volto fashion di questo nuovo ecommerce aggressivo.
Questo “assalto silenzioso” al mercato non sta lasciando inerti i colossi tradizionali. In risposta, piattaforme storiche o verticali come Zalando tentano di consolidarsi tramite acquisizioni: lo scorso anno ha preso il controllo di About You per oltre un miliardo di euro; allo stesso modo, Farfetch è passata sotto la proprietà del gruppo sud-coreano Coupang, come segnale di adattamento a un mercato sempre più competitivo.
Secondo Yocabè, un altro segnale chiaro di questi cambiamenti è il ricorso crescente ai dati: le piattaforme stanno evolvendo, puntando su intelligenza artificiale, profilazione utente e logistica intelligente per offrire esperienze di acquisto sempre più personalizzate e fluide. In questo contesto, la logistica, un tempo tallone d’Achille dell’ecommerce, diventa ora un asset competitivo fondamentale.
Ma l’accelerazione dei marketplace “fast” porta con sé un problema serio: quello della qualità e della conformità dei prodotti. Un’indagine recente dell’Associazione dei consumatori belga (e di partner in Germania e Svezia) ha scoperto che oltre il 70% dei prodotti acquistati su Temu e Shein non rispettava gli standard di sicurezza europei. Giochi, elettronica e bigiotteria – categorie molto popolari nell’ambito low-cost – risultavano spesso pericolosi per consumatori, soprattutto bambini. Questo aspetto apre un dilemma etico e regolamentare: quanto il prezzo basso giustifica un compromesso sulla sicurezza e la qualità?
Parallelamente, le istituzioni in Europa e in Italia valutano nuove misure per contrastare la concorrenza sleale e proteggere la produzione locale. L’idea di una “tassa Temu” sui pacchi sotto i 2 chili importati da Paesi extra-Ue, per esempio, è sul tavolo proprio per limitare l’impatto del fast commerce asiatico sul mercato europeo.
Resta intatto un fatto indiscutibile: i comportamenti d’acquisto degli utenti si stanno spostando in massa verso questi nuovi modelli. Secondo uno studio citato da Yocabè, ben il 91% dei consumatori compra oggi tramite marketplace online.
Tuttavia, le imprese italiane che sfruttano appieno questi canali sono meno della metà: molte preferiscono puntare sul proprio ecommerce, altre restano fuori, restie a gestire logistica, cataloghi, contenuti e after-sale.
Il risultato è un ecosistema in evoluzione rapida e profonda, in cui la convenienza economica e logistica è oggi un’arma potente, ma non priva di conseguenze: per la qualità, per la trasparenza, per la sostenibilità del sistema.
In questo scenario, vendere online non significa più soltanto mettere un prodotto in catalogo ma anche saper navigare in una rete di piattaforme, regole, algoritmi, rischi e vantaggi allo scopo di esportare prodotti con più efficienza all’estero, usare i dati come leva competitiva e gestire la complessità di un mercato che non è più “locale”, bensì globale.
Nei prossimi mesi sarà interessante seguire come le istituzioni europee e nazionali reagiranno all’ascesa del fast commerce, non solo in termini di dazi o tasse, ma anche di regolamentazioni sulla sicurezza dei prodotti e tutela del consumatore. Allo stesso tempo, si dovrà osservare come i marketplace tradizionali riusciranno a reagire, puntando su qualità, sostenibilità, logistica e soprattutto servizi.
E per i consumatori? Forse è arrivato il momento di chiedersi quanto pesa il risparmio sul prezzo rispetto al valore reale del prodotto. Quando un gadget costa due euro, è davvero un affare se rischia di essere pericoloso?
